Durante la mia adolescenza ho abitato di fronte allo stabilimento Chimiren, un’industria chimica situata nelle campagne ferraresi, in piena attività nei primi anni ’80.
Dopo aver raccolto fotografie e materiale documentario sulla fabbrica, strutturai un progetto strettamente didascalico di archeologia industriale, che potesse evocare immagini di una certa realtà lavorativa. Successivamente ebbi la necessità di rappresentare graficamente quei luoghi, partendo dal latente ricordo presente nella mia mente.
I miei quadri riproducono un microcosmo industriale, nel quale mi trovavo, quasi come in una sorta di esilio dal resto del mondo. Allo stesso tempo crescevo preservato da un contesto dinamico-lavorativo, fatto di rapporti umani positivi e ricco di valori morali esemplari.

Dino Buzzati, in un suo celebre racconto, utilizza impropriamente il termine Barbacane, indicando uno scorcio industriale. Questa parola, che in origine significa fortificazione di rocche e castelli, diventa sinonimo di fabbrica, di struttura industriale. Ho deciso di appropriarmi di questo nome e definire Barbacani i miei dipinti di fabbriche, dove le immense costruzioni ferrose si ergono come fortezze e divengono il mio scudo protettivo, un inespugnabile rifugio dal mondo esterno e dalla precarietà della vita.
Nonostante i soggetti che ho scelto siano privi dell’elemento umano, le strutture industriali rappresentate non sono in disuso, in stato di abbandono, ma, al contrario, pulsano di una forza vitale che sottintende la presenza dell’uomo, della sua progettualità e del suo ingegno.

«[…]Eppure, benchè non si vedesse nulla muoversi, si percepiva, sotto l’involucro una vita arcana che stesse fermentando.»
Dino Buzzati Il grande ritratto

Dopo un attento studio sui colori acidi, caratteristici delle sostanze antiparassitarie e una rigorosa riproduzione geometrica delle forme, ho tentato di riportare sulla tela scenari scomparsi ormai da tempo (l’impianto produttivo smetterà l’attività nel 1986. Oggi, dopo il parziale smantellamento, l’area lavorativa è attualmente stata riqualificata). Ho disegnato le forme, i paesaggi, la costruzione di un’idea e di ideali, provando a ricomporre i fotogrammi di un progetto comune, che ha coinvolto tante persone, famiglie e buona parte della popolazione locale, per un ampio lasso di tempo.
Ho dipinto i miei ricordi, affinché il meccanismo del tempo non li possa corrodere.
Flavio Biagi